Note & Interventi

L’ossessione dei politici nostrani, i docenti non devono fare politica

 

Da qualche tempo nelle esternazioni di certi politici rimbalza una rutilante affermazione: “i docenti non devono fare politica!” Un’inedita ossessione o finalmente l’inizio di una presa di coscienza sul ruolo che il mondo della scuola può svolgere, quale coscienza critica della società, sugli esiti elettorali nel nostro Paese?

Di certo qualcuno, che di recente si è/non si è occupato della scuola ne ha consapevolezza.

Ma, in questa mia breve riflessione, voglio volgere lo sguardo ad altro genere di considerazioni che comunque attraggono la suddetta affermazione. Perché è evidente che spingersi fino a tali misere affermazioni significa per costoro ignorare completamente il significato di una parola che fin dall’antichità è stato alla base dell’idea stessa di democrazia e di diritto/dovere di cittadinanza.

Già, l’ignoranza, o l’analfabetismo di ritorno, per usare una espressione di cui gli esperti si servono per indicare in modo efficace un fenomeno molto preoccupante che investe ampi settori della società attuale, in cui milioni di persone hanno ormai deciso di smettere di ascoltare e di imparare, per pigrizia o per l’arroganza di sentirsi arrivati, riducendosi a riprodurre banalità e frasi fatte, vuote di senso compiuto ma cariche di un odio e di una violenza inaudita e aberrante. Una situazione generalizzata e preoccupante che non risparmia nessuno e che si traduce in una incessante ricerca di sensazionalismo e di notorietà social, di fatto effimera ma devastante nella sostanza.

Sono di fatto da ascrivere a un simile contesto episodi, atteggiamenti e proposte che hanno avuto ampia eco sulla grande stampa e sull’altrettanto grande piazza virtuale: installazione di telecamere nelle aule ed ambienti scolastici (una sorta di grande fratello, non avendo alcuna contezza del fatto che in moltissime scuole il sistema di videosorveglianza è in funzione da tempo nel rispetto della legge in materia) e da ultimo in ordine cronologico, la proposta di una sindaca del Nord di effettuare una sorta di censimento dei “docenti di sinistra”, rei a suo dire di esercitare una specie di “bullismo ideologico” nei confronti degli studenti. Idea lanciata via social e poi declassata a “centro di ascolto” gestito dal Garante per l’infanzia nominato dalla stessa sindaca. Al di là delle considerazioni di merito e del libero e legittimo esercizio del diritto di critica e cronaca, senza voler entrare nello specifico dei dati posti alla base di una così grave iniziativa (una decina di presunti casi segnalati in tre anni in un comune di trentamila abitanti!), sembra quanto mai opportuno invitare tutti, a cominciare dalla sindaca, a leggere la norma costituzionale che è la sola guida certa alla quale fare riferimento.

– Cominciamo dall’articolo 28 della Costituzione che vincola in modo lapalissiano i docenti, quali funzionari dello Stato che testualmente recita: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”.

– Concetto ribadito in modo altrettanto cristallino dall’articolo 54 della Costituzione, del quale mi piace sottolineare il principio dell’adempimento delle funzioni pubbliche con “disciplina ed onore”:

“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.

I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.

– Principi potentissimi nella loro semplicità e unicità, ai quali si può senz’altro affiancare l’altrettanto inequivocabile art. 33 della Costituzione che sancisce il principio della libertà d’insegnamento: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.

La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato (…)”.

– Ed infine, ma non ultimo, l’articolo 49 della Carta costituzionale, un altro principio basilare per il funzionamento della vita democratica del nostro Paese, posto a sua garanzia:

“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Un richiamo forse superfluo ma che, alla luce di quanto detto in premessa, è giusto e doveroso fare al fine di evitare uscite estemporanee forse dovute ad ignoranza, se non a malafede, che invocano provvedimenti o procedure assolutamente illegittime ed illegali che colpiscono al cuore la nostra democrazia ed uno dei suoi organi vitali, la scuola appunto, attraverso i suoi veri pilastri che sono i docenti.

A simili soloni dei diritti e dei doveri si può soltanto ricordare che l’unico intervento che si può e si deve invocare con forza, è quello delle istituzioni deputate al controllo ed alla repressione di atteggiamenti e pratiche contrarie alla legge ed ai principi di deontologia professionale. Il resto restano soltanto inutili “banalità”, con l’aggravante, questa sì imperdonabile, che a proferirle è un rappresentante dello Stato democraticamente eletto, al quale non è assolutamente consentito di disconoscere le norme costituzionali e in violazione di queste ultime proporre forme discriminatorie ed autoritarie, lesive dei diritti individuali più elementari, che vanno in direzione di un imbarbarimento delle relazioni sociali attraverso forme di becero ostracismo o di invito a vili pratiche delatorie che riportano a periodi davvero bui della nostra storia.

Pio Giovanni Sangiovanni

 

 

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