Da “Preside sceriffo” a “Preside sindaco” o “padrone”, non si risparmiano i paragoni per niente metaforici per rendere l’idea dello scenario della scuola italiana dell’immediato futuro delineato dal disegno di legge del Governo Renzi, “Disposizioni in materia di autonomia scolastica, offerta formativa, assunzioni e formazione del personale docente, dirigenza scolastica, edilizia scolastica e semplificazione amministrativa”. È l’articolo 7 a declinare le competenze di questa nuova figura di super dirigente scolastico, fra le quali vi è innanzitutto l’attribuzione degli incarichi ai docenti secondo criteri a dir poco discrezionali, attingendo ad un albo territoriale, per una durata triennale e secondo il fabbisogno stabilito dal piano preliminarmente elaborato per lo stesso periodo.
A parte le modalità di scelta e di gestione delle risorse per il riconoscimento del merito, l’accostamento della figura del nuovo dirigente scolastico a quella del sindaco e, quindi, la scuola equiparabile al Comune, definita dal sistema di norme sulle autonomie locali, possiamo senz’altro menzionare l’autonomia statutaria e la potestà regolamentare, previste al Capo VII, art. 21 lettera f). Insomma, una scuola sempre più simile ad un Ente locale, tranne che per un dettaglio per nulla secondario, l’elezione diretta e l’incarico a tempo. Considerazioni e questioni che restano tutt’ora in sospeso, se consideriamo che ancora non si sa esattamente come i nuovi super manager verranno reclutati.
Tuttavia, mentre il Parlamento riceve questa, che per alcuni sembra essere una vera e propria polpetta avvelenata, fioccano le reazioni di docenti e organizzazioni di categoria che bocciano senza appello il disegno di legge partorito dal Consiglio dei ministri. Particolarmente dura è quella del Presidente dell’Associazione Nazionale Docenti Francesco Greco che lancia un vero e proprio allarme democrazia e diritti.
“Con la proposta di modifica delle norme che interessano la scuola, – scrive Greco in un comunicato – dopo quelle di modifica dell’ordinamento parlamentare e del sistema elettorale, questo Governo e questo Parlamento, privi di legittimità democratica, stanno operando la più grave inversione nel sistema dei diritti sui cui poggia il nostro sistema democratico. Dal Job Act, la sequela dei provvedimenti approvati dal Partito-Governo, o dal Notaio-Parlamento, si intravede una non tanto celata linea rossa, svuotare di ogni significato e rilevanza le norme poste a tutela dei diritti dei cittadini elettori e lavoratori, anche in spregio delle garanzie approntate dalla Costituzione. La proposta sulla scuola è in perfetta linea con questo disegno. Qui con un cinismo politico, fors’anche sconosciuto al buon Macchiavelli, si affonda nella carne lacerata da anni di sacrifici dei tanti precari della scuola, ai quali si promette una stabilità più precaria di quella finora vissuta, in cambio di sostegno ad un estremo sradicamento della democrazia nelle nostre scuole e alla loro trasformazione in un sistema feudale e padronale assai lontano anche dalle esperienze più buie della nostra storia. I precari – conclude Francesco Greco – entreranno “nudi” nei cosiddetti albi e potranno, in ogni tempo, dopo un’infruttuosa messa in disponibilità, uscirne “spogliati”. In modo non dissimile toccherà a chi nelle aule scolastiche ha visto i suoi capelli divenire sempre più grigi e i suoi ex alunni divenire padri, madri, colleghi. Anch’essi saranno ogni tre anni, ed in ogni momento, sottoposti al volere di un dirigente-padrone a cui questo Governo vuole affidare le chiavi dalla scuola italiana”.