E’ indubbio che la cura Monti sta provocando effetti profondi nell’economia del nostro Paese, e non so giudicare se questi saranno positivi o meno. Forse è una grande scommessa e tra qualche tempo saremo usciti dal buio di questi giorni. E’ una speranza – e un’attesa – che tutti ci accomuna.
Avverto invece che si sta determinando un’altra serie di problemi, che vanno al di là dell’economia e che investono il nostro sistema dei partiti, la nostra stessa democrazia. E mi domando: forse il punto di arresto per cui il nostro Parlamento si è dimostrato incapace di affrontare e risolvere i problemi che ha lasciato insorgere – è noto, comunque, il concorso di altre concause che vanno al di là della sua competenza – non sarà un punto di non ritorno? Come è stato possibile che tanti partiti e il Parlamento che li rappresenta non siano stati capaci negli ultimi anni di indicare e adottare soluzioni, o proposte di soluzione, per affrontare – e non dico risolvere – la crisi in cui ci dibattiamo?
Perché abbiamo dovuto doppiare il sistema dei partiti e lo stesso Parlamento per affidare il governo a professionisti che dei partiti non hanno alcuna tessera e che sono noti soltanto ai settori professionali da cui sono espressi? Perché un politico ha fallito e un non politico, un “tecnico”, è stato capace di afferrare la barra del timone e assumersi una responsabilità dalla quale tutti i nostri politici hanno sempre assunto le debite distanze? Preoccupati soltanto di cianciare e blaterare a vuoto con tracotante sicumera per tutti i talk show televisivi?
Dopo le dichiarazioni pubbliche di Monti e quelle, in effetti poche ma molto essenziali, dei suoi ministri, sarà possibile tornare agli sciami delle dichiarazioni vuote e frettolose rilasciate a platee di cronisti assetati soltanto di notizie da scaricare sulla prima pagina del giorno dopo? E se paragoniamo l’asciuttezza delle dichiarazioni dei ministri di oggi con le quotidiane esternazioni dei ministri di ieri, non possiamo pensare che qualcosa sta veramente cambiando e che un ritorno al passato sarà assolutamente improponibile? Potremo più reggere i politici noti e stranoti, popolari e votatissimi, di solo qualche mese fa? Perché un politico è stato incapace di affrontare la situazione che forse lui stesso ha contribuito a creare, e un tecnico, invece, con semplicità e modestia e senza tanti giri di parole la sta affrontando, indubbiamente con perizia e – speriamo – con successo? Ovviamente al di là di tutte le critiche che si possono muovere alle scelte operate da questo governo.
Ma è proprio necessario il bailamme di tante campagne elettorali, se poi gli eletti devono farsi da parte per lasciare il ponte di comando a un piccolo gruppo di sconosciuti ai più e, soprattutto, di non eletti? Lo schiaffo che è stato sferrato ai nostri politici è stato sonoro, ma le facce di bronzo sanno reagire benissimo! In altri termini, l’attuale modello di democrazia – per altro sancito da tutte le carte internazionali, dal 1789 ad oggi e dalla stessa nostra Costituzione – è ancora valido per affrontare i problemi sempre più complessi sotto il profilo socioeconomico e che travalicano gli stessi confini nazionali? I partiti oggi sono ancora il non plus ultra della espressione della democrazia popolare?
I partiti nacquero in quanto rappresentanti di specifici interessi di “parti” della società, degli operai, dei contadini, dei borghesi; in seguito si costituirono in aggregazioni più ampie e connotate anche da istanze ideologiche in senso lato, il partito socialista, il partito comunista, o da istanze interclassiste, il partito popolare. A volte avevano richiami culturali molto forti, Marx, Sturzo, Mazzini, Giolitti, Einaudi. Ovviamente sono solo accenni che meriterebbero approfondimenti che lasciamo al lettore. Negli ultimi anni – forse dopo la vicenda di mani pulite – abbiamo assistito alla nascita di partiti totalmente sradicati da istanze direttamente di classe, di gruppi chiaramente definiti, o delle stesse ideologie – il concetto stesso di ideologia sembra oggi carta da macero! Si pensi alla Casa delle libertà e al suo omologo, il Popolo della libertà, o allo stesso Partito democratico che tutto può essere fuorché l’esito di quel compromesso storico caldeggiato da Berlinguer e da Aldo Moro. Per non dire delle tante sigle e siglette, api, fl e non so che, che nascono e muoiono anche nel giro di una notte! Insomma, possono ancora definirsi partiti, per come sono nati e per come li abbiamo sempre concepiti, oppure sono degli aggregati che di fatto hanno scarse corrispondenze dirette con settori del sociale e che finiscono quasi con il rappresentare solo se stessi? E le tante tessere costruite a tavolino? Per non dire poi come il porcellum abbia contribuito ampiamente a svilire la loro originaria natura.
Abbiamo quindi apparati sempre più incentrati su se stessi, con legami sempre più deboli con il sociale. E i fenomeni di malaffare sempre più numerosi in questi ultimi anni non sono insorti forse a causa di questa debolezza civile e politica? E perché solo in questi ultimi anni abbiamo potuto parlare in modo sempre più diffuso di una casta sempre più chiusa in se stessa, preoccupata soltanto di conservare lo scranno in Parlamento?
E possiamo anche aggiungere che, mentre l’Unione europea – che noi stessi abbiamo contribuito a costruire – è venuta crescendo come dimensione politica “altra” con cui misurasi giorno dopo giorno, la nostra vocazione europeistica è venuta via via scemando: un po’ per le sempre infelici esternazioni di un nostro mal sopportato Presidente del Consiglio, un po’ per la vocazione secessionistica della Lega, un po’ per una sorta di spocchia tutta nostrana!
Sono tutte considerazioni molto amare. Insomma, dopo Monti, comunque si concluda il mandato che Napolitano gli ha affidato, quello di rimettere in carreggiata il nostro Paese, cosa che la politica non è stata in grado di fare, che cosa accadrà? A chi verrà riconsegnato il nostro Paese dopo la cura Monti, qualunque effetto essa abbia prodotto? La parola, o meglio le parole, torneranno ai politici di sempre? Dopo Monti torneremo a questo Parlamento, a questi partiti, a questi personaggi che oggi brancolano pensando soltanto a costruire trappole per il governo in carica o a salvare la pensione? E costoro saranno in grado di riassumere la guida di un Paese convalescente che sarà ancora bisognoso di chissà quali cure? O non dovremmo adoperarci fin da adesso a predisporre un passaggio diverso, che non sia semplicemente un ritorno allo status quo ante? Potrà essere un’occasione per la nascita di una nuova democrazia, di nuove forme di rappresentanza, di nuove modalità di costruire partiti e di eleggere un nuovo Parlamento?
La Costituzione è chiara: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49). Ma i partiti potrebbero anche essere diversi, se noi tutti fossimo in grado di rivitalizzarli e di rinnovarli! Insomma, mi sembra che il dopo Monti sia un passaggio ben più difficile di quello che stiamo in questi giorni attraversando. E Napolitano, il traghettatore ci sarà ancora per garantire la riuscita dell’operazione? O spetterà a ciascuno di noi riassumere il governo della nave?
Roma, 10 gennaio 2012
Maurizio Tiriticco