Sapevamo come il senso dell’uomo sul tempo e sullo spazio fosse relativo rispetto a ciò che lo circonda, ma pensavamo anche che la giustizia umana e la politica ne fossero consapevoli.
Gli operatori del diritto, avvocati in prima linea, hanno il dovere, anzi l’obbligo di prospettare ai loro clienti come la procedura giudiziaria sia più lenta non solo del tempo e dello spazio astronomico, ma di ogni dinamica umana.
Recente è il caso del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, che con un’ordinanza sospende l’efficacia di una sentenza del Tar Lazio che confermava l’ammissione con riserva dei docenti al concorso del 2012 e immetteva in ruolo quei docenti vincitori del medesimo concorso. L’effetto dell’ordinanza è la sospensione della citata sentenza in attesa dell’udienza fissata per Dicembre: ciò significa l’assurda uscita dal ruolo di quei docenti per il prossimo Settembre poiché non hanno potuto partecipare al nuovo concorso 2016. Qual è ora il destino che attende quei docenti? Un’immagine triste di una giustizia lenta, decadente, impossibilitata a garantire l’efficacia delle decisioni e la certezza del diritto.
La giustizia ha le sue colpe, le sue deficienze strutturali e formali. Le stesse colpe sono da imputare agli operatori del diritto, agli avvocati ed ai procuratori. Tuttavia, l’operare di questi soggetti nella realtà giuridica e processuale non è arbitraria, bensì costretta dalla Legge in meandri burocratici che bloccano la giustizia civile e democratica. Il vero colpevole è la politica che non è stata e non è tuttora in grado di rendersi conto della necessità di una vera riforma delle procedure giudiziarie tale da porle al passo con il divenire della realtà.