di Redazione
Il dossier “Noi Italia 2023″ pubblicato dall’Istat fornisce un’analisi approfondita della situazione del Paese attraverso oltre 100 indicatori statistici. Il documento offre una visione dettagliata di sei aree tematiche e 19 settori, con supporto di grafici, glossario e riferimenti a pubblicazioni. È possibile scaricarlo all’indirizzo http://noi-italia.istat.it.
Di seguito sono riportati alcuni dei principali risultati emersi dalla nuova edizione del dossier:
- nel 2021, l’Italia ha destinato solo il 4,1% del PIL alla spesa pubblica per l’istruzione, mentre la media dell’Unione Europea si attesta al 4,9%.
- nel 2022, il 37,4% degli adulti italiani ha al massimo il diploma di scuola media. La percentuale è più elevata tra gli uomini (40,1%) rispetto alle donne (34,8%).
- nel 2022, l’11,5% dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente gli studi. Nel Mezzogiorno, questa percentuale raggiunge il 15,1%.
- nel 2022, solo il 27,4% dei giovani italiani tra i 30 e i 34 anni ha un titolo di studio terziario, mentre nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni la percentuale sale al 29,2%. Esiste un ampio divario di genere, a favore delle donne, in entrambe le fasce d’età.
- nel 2022, il 19,0% dei giovani italiani tra i 15 e i 29 anni non lavora e non studia, ovvero è considerato Neet. Nel Mezzogiorno, l’incidenza dei Neet è doppia rispetto al Centro-Nord.
- nel 2022, solo il 9,6% degli adulti italiani tra i 25 e i 64 anni partecipa a attività formative. Questa percentuale è rimasta stabile rispetto al 2021, anno in cui si era registrato un aumento significativo dopo il calo dovuto alle restrizioni imposte per la pandemia da COVID-19.
Il dossier evidenzia anche le differenze regionali:
- Nel Mezzogiorno, la spesa in istruzione rappresenta il 5,9% del PIL, mentre nel Nord-Ovest è solo del 2,8%.
- Nel Mezzogiorno, il 45,6% degli adulti ha una scolarità limitata, rispetto al 33,3% nel Centro-Nord. Le regioni della Puglia e della Sicilia registrano i valori più elevati.
- Nel Mezzogiorno, l’incidenza dell’abbandono scolastico è del 15,1%, rispetto al 9,4% nel Centro-Nord. Le regioni della Sicilia e della Campania presentano le percentuali più alte.
Infine, l’Italia nel contesto europeo
Nel 2021, l’Italia ha registrato una spesa pubblica in istruzione pari al 4,1% del PIL, inferiore alla media europea del 4,9%. Paesi come Svezia, Belgio e Danimarca hanno presentato la quota di spesa più elevata, mentre Irlanda e Romania quella più ridotta.
Nel 2020, in Italia, il tasso di partecipazione dei giovani tra i 20 e i 24 anni al sistema di istruzione e formazione è stato inferiore rispetto alla media dell’UE a 27 (37,4% contro il 43,5%) e rispetto ai maggiori Paesi dell’Unione (50,0%, 46,4% e 38,8% rispettivamente in Germania, Spagna e Francia). Anche rispetto alla maggior parte degli altri Paesi, l’Italia ha mostrato un tasso di partecipazione inferiore.
Nel 2021, in Italia, la percentuale di adulti con una bassa istruzione è stata del 37,3%, un valore significativamente superiore alla media europea del 20,7%. Inoltre, la percentuale di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi è stata del 12,7%, superiore alla media dell’UE a 27 (9,7%). L’Italia si è posizionata al penultimo posto tra i Paesi dell’UE in entrambi gli indicatori.
Nel 2021, la percentuale di giovani italiani con un titolo di studio terziario è stata del 26,8% nella fascia di età tra i 30 e i 34 anni e del 28,3% nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni. Questi valori sono inferiori rispetto alla media europea del 41,6% e 41,2% rispettivamente. L’Italia si è classificata al penultimo posto in entrambi gli indicatori, seguita solo dalla Romania. Tredici Paesi hanno già superato il nuovo obiettivo del 45% fissato per il 2030 nella classe di età 25-34 anni.
Nel 2021, l’Italia ha registrato la percentuale più alta di giovani Neet (che non lavorano e non studiano) tra i Paesi dell’Unione, con una quota del 23,1%, circa 10 punti percentuali superiore alla media europea (13,7%).
Per quanto riguarda la partecipazione degli adulti ad attività formative, l’Italia ha presentato valori inferiori alla media europea. Tuttavia, nel 2021, il divario rispetto alla media europea sembra essere diminuito. Paesi come i Paesi Bassi (26,6%) e i Paesi scandinavi (Svezia 34,7%, Finlandia 30,5%, Danimarca 22,3%) hanno mostrato le percentuali più elevate, mentre i valori minimi sono stati registrati in Bulgaria, Grecia, Slovacchia e Romania.