di Redazione
Mentre la campagna vaccinale in Italia prosegue tra alti e bassi, settembre si avvicina così come l’inizio del nuovo anno scolastico. Il rientro a scuola e in presenza appare essere al centro di ogni dibattito e di ogni preoccupazione.
Ma è proprio così?
Ad ascoltare politici e rappresentanti delle istituzioni si fa gran fatica a cercare nelle loro parole soluzioni, piuttosto si assiste ad un indecoroso scaricabarile, ma nessuna traccia di proposte concrete, mentre la variante Delta dilaga.
Intanto, la scuola si trova in mezzo alla polemica del GREEN PASS SI, GREEN PASS NO, tra chi ritiene necessario obbligare i docenti a vaccinarsi e chi paventa una presunta incostituzionalità di tale obbligo.
Secondo il Ministro della salute: “Solo l’85% di persone che operano nelle nostre scuole hanno ricevuto almeno una prima dose. Questo 85% però non è omogeneo sul piano nazionale”.
La provenienza di questi numeri è incerta perché se si ripercorre la campagna vaccinale a ritroso, per quanto riguarda la categoria dei docenti e personale scolastico, si può notare come i conti non tornino.
A Marzo del 2021, con l’allora piano nazionale, il personale docente era stato inserito nelle categorie che avevano priorità. Una priorità presto abbandonata a favore dell’età e della presenza di patologie. Per questo motivo, ci piacerebbe capire quale sia la fonte da cui si ricava il dato dell’85%, atteso che sin dal mese di marzo i docenti, come tutte le altre categorie sociali, sono stati vaccinati a prescindere dalla loro condizione professionale. Appare chiaro che quel dato non corrisponde alla situazione effettiva. I docenti vaccinati sono molti di più. Il governo sta valutando l’opportunità di obbligare i docenti a vaccinarsi fissando anche un paletto, entro il 12 settembre, giorno ultimo prima delle aperture delle scuole prevista per il 13 settembre. Per i non vaccinati scatterebbe la sospensione, in linea con le scelte già prese per il personale sanitario. Dagli incontri che si terranno in questa settimana, tra Presidente del Consiglio Draghi, il Ministro della Sanità Speranza e le parti sociali, si capirà quale sarà la strategia che il governo metterà in atto.
Diversa è la questione che interessa gli studenti, per i quali non era stata posta alcuna priorità, ciò anche in considerazione della supposta irrilevanza della diffusione del virus tra le giovani generazioni. La problematica viene ora affrontata con la recente nota esplicativa relativa alle indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico, inviata alle scuole dal Ministero dell’Istruzione nella prospettiva del nuovo anno scolastico.
Nella nota, la didattica in presenza, viene posta come priorità, evitando quanto più possibile, il ritorno alla didattica in distanza. In ogni caso, il completamento della campagna vaccinale rimane nella nota uno degli obiettivi da raggiungere. L’obiettivo principale è garantire agli studenti, e non solo, la ripresa in presenza nella maniera più sicura possibile.
Purtroppo, in questi due anni, oltre al virus, si sono moltiplicati provvedimenti di ogni genere, oltre ai vituperati DPCM, alle ordinanze sindacali, a note e direttive, ma veramente ben poco è stato fatto per assicurare condizioni di sicurezza nelle scuole.
L’anno scolastico, purtroppo, come facilmente prevedibile riprenderà con i problemi che non ci siamo mai lasciati alle spalle, spazi ridotti che non assicurano il necessario distanziamento sanitario, aule sovraffollate e l’intramontabile carosello di nomine di docenti precari che caratterizzano l’avvio di ogni anno scolastico, cui si aggiunge l’irrisolto problema dei trasporti.
Una pandemia di così vasta estensione è sicuramente un evento inedito, ma non i problemi che da tempo immemore affliggono la nostra scuola. E’ grave assistere, nonostante la pandemia e l’ingente massa di risorse mobilitate, ad una così pervicace incompetenza, plasticamente evidente nella scellerata “soluzione dei banchi con le rotelle”, emblema di pressapochismo, ma ancor di più di inadeguatezza politica e culturale.