Giugno 09, 2023

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La scuola che vogliamo

La scuola che vogliamo

La scuola che vogliamo

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Francesco Greco, Presidente Associazione Nazionale Docenti

Con l'Associazione nazionale docenti

per CAMBIARE la scuola
La politica non è solo il governo delle istituzioni, innanzitutto, è la realizzazione di un’idea, di una visione del mondo cui connettere comportamenti congruenti.
"C’è politica quando esiste un progetto coscientemente ed espressamente definito. Ogni politica è una forma di anticipazione nel tempo,

un progetto nel futuro, immediato o lontano, per cambiare le cose, si tratti di «restaurare» un ordine sconvolto o di «crearne» uno nuovo giudicato più conforme ai valori vissuti” … “È indispensabile, perché ci sia politica, che essa sia legata a un’organizzazione collettiva regolata da statuti e da leggi; che si concretizzi in istituzioni e leggi che la sorreggono”.
Ma le organizzazioni non sono entità astratte.
Ogni organizzazione poggia sulle intelligenze di coloro che in essa lavorano, sulle idee che riescono a immettervi per farla camminare, vivere e sentire come un soggetto con una propria anima, con un proprio scopo.
L’Associazione Nazionale Docenti nasce con lo scopo di divenire il naturale riferimento dei docenti italiani per rappresentarne gli interessi e per interpretare le istanze di una professione ormai ridotta a categoria residuale, anche all’interno della stessa organizzazione scolastica.
Con varie iniziative l'AND pone all’attenzione del legislatore e del Paese la necessità di far assumere all’istruzione un ruolo centrale nelle politiche di

sviluppo del nostro Paese e, nelle istituzioni scolastiche, di affermare la centralità del processo di insegnamento/apprendimento.
L'AND ha promosso un progetto di legge volto a riscrivere profondamente i cardini dell’organizzazione scolastica
, per dare alla nostra scuola una dimensione realmente democratica e partecipativa, rispondente effettivamente ai principi fissati dalla Costituzione. Il progetto di legge è stato presentato alla Camera d'iniziativa dei deputati Franco Laratta e Cesare Marini, il 25 febbraio del 2011, nella XVI Legislatura, Atto Camera N. 4121.
Oggi, la proposta di riforma contenuta in quel progetto di legge è la vera alternativa al declino della scuola pubblica, alla sua involuzione autoritaria e burocratica, ormai incapace di apportare quei cambiamenti necessari per divenire un fattore di progresso civile, culturale, sociale ed economico del nostro Paese.

LA SCUOLA CHE VOGLIAMO IN SEI PUNTI:

  1. Vogliamo che le scuole siano dei luoghi di democrazia, ove tutti possano respirare un clima di libertà e vedere riconosciuta la dignità del proprio lavoro;
  2. Vogliamo una scuola che non sia l’emulazione di modelli aziendali anacronistici, ma luoghi distribuiti delle responsabilità che valorizzino le competenze di ciascuno e permettano a tutti di partecipare al loro governo;
  3. Vogliamo che siano esaltate le caratteristiche proprie di ogni scuola, di comunità di apprendimento e di comunità professionale;
  4. Vogliamo che coloro che sono preposti a capo di una scuola non siano dei burocrati calati dall’alto, ma espressione della comunità professionale che opera all’interno della scuola, dunque, dei presidi eletti e a tempo;
  5. Vogliamo che sia riconosciuta la dignità professionale dei docenti, la progressione di carriera per fasce funzionali non gerarchiche e retribuzioni in linea con quelle percepite dai colleghi dei Paesi d’oltralpe;
  6. Vogliamo che la libertà di insegnamento e l’autonomia professionale dei docenti siano garantite da un organismo tecnico rappresentativo, il Consiglio Superiore della Docenza, a cui sia attribuita ogni competenza in materia di stato giuridico, carriera e procedimenti disciplinari.

I CARDINI DELLA NOSTRA PROPOSTA

Sistemi democratici

Organi di governo e presidi elettivi

L’Associazione Nazionale Docenti propone il superamento dell’attuale impostazione dirigistica e monocratica dell’organizzazione scolastica e l’istituzione di organi di governo rappresentativi della comunità professionale che opera all’interno dell’istituzione scolastica.
È necessario garantire ad ogni componente partecipazione e corresponsabilità nelle scelte e nei risultati, con un ridisegno dei poteri gestionali, distinti da quelli di indirizzo.

Leadership distribuita e carriera per i docenti

Fasce funzionali non gerarchiche

Progressione professionale e avanzamenti economici legati al merito e al servizio.
Le competenze professionali e le qualità personali devono rappresentare la chiave di volta di processi virtuosi di partecipazione al governo dell’istituzione scolastica e di responsabilizzazione rispetto ai risultati.
I docenti che appartengono alla fascia più alta possono essere eletti presidi di una istituzione scolastica.

Organi di garanzia

Tutelare la libertà di insegnamento

Istituire un Consiglio superiore della docenza, quale organo di garanzia della libertà di insegnamento, a cui sono rimesse le questioni dello stato giuridico, della carriera dei procedimenti disciplinari; adottare un Codice deontologico, quale carta fondamentale a cui ispirarsi per i contenuti normativi che regolano la professione. Un codice etico sottoposto all’approvazione della stessa categoria, la cui applicazione e gestione è demandata al Consiglio Superiore della Docenza.

Autonomie resposabili

Al centro le scuole

Un nuovo modello di organizzazione scolastica sul territorio che: riduce alla dimensione funzionale l’apparato amministrativo; mette al centro le scuole e la funzione che ne legittima la stessa esistenza, l’attività educativa e formativa; assicura un’offerta formativa articolata e univoca dei diversi percorsi di studio; poggia su un organico funzionale stabilizzato del personale docente, capace di assorbire esuberi e carenze.

UNA SCUOLA DEMOCRATICA

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I. ORGANI DI GOVERNO ELETTIVI

Dopo ben quattro lustri dall’attribuzione alle scuole dell’autonomia scolastica e ai capi di istituto della dirigenza il bilancio che può trarsi è assai negativo, ancor di più se si considerano i nuovi e più estesi poteri introdotti a favore dei dirigenti scolastici dalla legge 107/2015, cosiddetta “buona scuola”.
L’introduzione nelle scuole della dirigenza è stata una scelta miope e profondamente sbagliata, tanto da determinare una sclerotizzazione burocratica
dell’organizzazione scolastica, sempre più curvata verso forme monocratiche ed autoritarie.
La dirigenza scolastica non ha contribuito a migliorare l’efficienza gestionale delle scuole e, ancor meno, non ha prodotto effetti positivi sui risultati scolastici dei nostri studenti. Per converso, è peggiorato il clima all’interno delle istituzioni scolastiche e accresciuta in maniera esponenziale la conflittualità tra dirigenti scolastici, docenti e personale ATA.
Si tratta allora di superare l’autonomia funzionale e di riconoscere alle scuole una potestà statutaria che consenta loro di poter riscrivere i cardini della propria organizzazione. Ciò, naturalmente, richiederà l’abbandono dell’attuale organizzazione dirigistica e burocratica, prevedendo una chiara distinzione tra funzioni di indirizzo e di gestione, queste ultime demandate, come avviene in molti Paesi europei, ad un nuovo organo collegiale, la Direzione Esecutiva, ma anche prevedendo la temporaneità del mandato del rappresentante dell’istituzione scolastica e il conferimento dell’incarico attraverso l’elezione, preside elettivo, da parte della comunità professionale che opera nella scuola.
Per il nostro sistema scolastico si tratterebbe, com’è facile immaginare, di una rivoluzione copernicana. Per il preside eletto la temporaneità dell’incarico e il suo conferimento attraverso l’elezione non possono che accentuare il carattere di missione della sua azione che diviene imprescindibile dalla qualità e dai risultati del processo di insegnamento-apprendimento e dal rapporto con l’insegnamento, che è solo sospeso per la durata del mandato.

II. Leadership distribuita e carriera per i docenti

Costruire un percorso di carriera per i docenti non solo è necessario per allineare la condizione economica dei docenti alla media europea, ma è anche una condizione imprescindibile per avviare un profondo cambiamento nell’organizzazione scolastica, verso un nuovo modello di leadership distribuita ove le competenze professionali e le qualità personali possano rappresentare la chiave di volta di processi virtuosi di partecipazione al governo dell’istituzione scolastica e di responsabilizzazione rispetto ai risultati.
Ciò non potrà che passare attraverso una riforma dello stato giuridico dei docenti che dia la possibilità ai docenti di svolgere funzioni diverse all’interno dell’istituzione scolastica legate ad un’articolazione della carriera in fasce funzionali non gerarchiche, consentendo, inoltre, a coloro che si trovano nella fascia più alta di poter essere eletti presidi di una istituzione scolastica.

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III. ORGANI DI GARANZIA DELLA LIBERTÀ DI INSEGNAMENTO

Altri tasselli importanti della nostra proposta di riforma sono l’istituzione del Consiglio superiore della docenza, quale organo di garanzia della libertà di insegnamento, l’adozione di un Codice deontologico, quale carta fondamentale a cui ispirarsi per i contenuti normativi e contrattuali che regolano la professione. Un codice etico sottoposto all’approvazione della stessa categoria, la cui applicazione e gestione è demandata al Consiglio Superiore della Docenza.
Costruire un sistema di autonomie responsabili e sistemi di governo democratici di governo delle scuole comportano, inoltre, il potenziamento delle funzioni di supporto tecnico e di controllo, quale architrave di una nuova architettura del nostro sistema educativo. Ciò potrà avvenire, per quanto riguarda le funzioni di supporto tecnico, con l’attribuzione agli ex dirigenti scolastici della qualifica di dirigenti tecnici e la loro applicazione funzionale, in un ruolo ad esaurimento, presso gli organismi territoriali di coordinamento delle autonomie scolastiche. Mentre il potenziamento delle funzioni di controllo con la restituzione agli attuali dirigenti tecnici della qualifica di ispettori scolastici, con funzioni ridefinite all’interno di un nuovo sistema nazionale di valutazione.

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IV. AUTONOMIE RESPONSABILI

I piani di dimensionamento della rete scolastica, così come previsti dalla normativa vigente, sono finalizzati a discriminare le istituzioni scolastiche in relazione alle dimensioni dei singoli istituti (numero di alunni) senza tener conto che in ambiti territoriali assai ristretti possano esserci istituti scolastici della stessa tipologia. Ciò, spesso, ha dato luogo a duplicazioni di corsi di studio con sottoutilizzo delle risorse e senza alcun reale vantaggio per l’utenza scolastica, ma anche instabilità degli organici e discontinuità nell’attività didattica, per il continuo avvicendamento dei docenti.
Si tratta, allora, di definire degli ambiti organizzativi a livello sub provinciale, in cui siano garantiti un’offerta formativa articolata e univoca dei diversi percorsi di studio e un organico funzionale stabilizzato del personale docente che consenta in modo flessibile di assorbire esuberi e carenze, senza effetti, nel medio periodo, sulla mobilità esterna. Ciò renderebbe inutile il ruolo degli ex provveditorati (che dovrebbero essere soppressi), le cui funzioni -sostanzialmente la gestione degli organici e dei movimenti- andrebbero svolte da un organismo territoriale di coordinamento delle autonomie scolastiche. Non si tratterebbe di costituire nuove strutture burocratiche, ma organismi rappresentativi delle autonomie scolastiche dotate di una struttura minimale per il supporto tecnico delle stesse. Tanto dicasi per gli Uffici Scolastici Regionali che dovrebbero essere soppressi e le loro funzioni in parte ritornare a livello centrale e in parte traferite ai nuovi organismi territoriali di coordinamento delle autonomie scolastiche. I risparmi di spesa sarebbero notevoli e dovrebbero essere reinvestiti nelle scuole per migliorare la qualità e l’efficacia dell’intero sistema educativo. (testo scritto nel 2010)
dell’organizzazione scolastica, sempre più curvata verso forme monocratiche ed autoritarie.
La dirigenza scolastica non ha contribuito a migliorare l’efficienza gestionale delle scuole e, ancor meno, non ha prodotto effetti positivi sui risultati scolastici dei nostri studenti. Per converso, è peggiorato il clima all’interno delle istituzioni scolastiche e accresciuta in maniera esponenziale la conflittualità tra dirigenti scolastici, docenti e personale ATA.
Si tratta allora di superare l’autonomia funzionale e di riconoscere alle scuole una potestà statutaria che consenta loro di poter riscrivere i cardini della propria organizzazione. Ciò, naturalmente, richiederà l’abbandono dell’attuale organizzazione dirigistica e burocratica, prevedendo una chiara distinzione tra funzioni di indirizzo e di gestione, queste ultime demandate, come avviene in molti Paesi europei, ad un nuovo organo collegiale, la Direzione Esecutiva, ma anche prevedendo la temporaneità del mandato del rappresentante dell’istituzione scolastica e il conferimento dell’incarico attraverso l’elezione, preside elettivo, da parte della comunità professionale che opera nella scuola.
Per il nostro sistema scolastico si tratterebbe, com’è facile immaginare, di una rivoluzione copernicana. Per il preside eletto la temporaneità dell’incarico e il suo conferimento attraverso l’elezione non possono che accentuare il carattere di missione della sua azione che diviene imprescindibile dalla qualità e dai risultati del processo di insegnamento-apprendimento e dal rapporto con l’insegnamento, che è solo sospeso per la durata del mandato.

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