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La Sezione Lavoro della Corte di Appello di Catanzaro rigetta gli appelli proposti dal Miur

Confermata la nullità del conferimento di un incarico di dirigente non generale, con funzioni ispettive

di Redazione

Con sentenza del 23 febbraio scorso, la Corte di appello di Catanzaro – Sezione lavoro, rigettando gli appelli proposti dal MIUR e da un controinteressato, ha confermato la sentenza resa nel 2018 dal Tribunale di Catanzaro, che aveva accertato la nullità del conferimento dell’incarico di dirigente non generale, con funzioni ispettive, a tempo determinato (3 anni), di cui all’avviso pubblico dell’Ufficio Scolastico Regionale del 2016, per violazione, da parte dell’amministrazione scolastica, dell’art. 1 comma 94 della L. n° 107/2015, norma ritenuta imperativa, nella parte in cui prescrive, per l’Ente avvisante, il dovere di predeterminare e rendere conoscibili, con l’avviso pubblico, i criteri di scelta da adottare per la valutazione comparativa, al fine di conferire lo speciale incarico.
Ad avviso del Tribunale, infatti, l’USR avrebbe effettuato una predeterminazione solo fittizia ed apparente dei citati criteri di scelta, “non essendo idonea, a tal fine, la mera riproduzione, nell’avviso di selezione, dei parametri previsti dall’art. 19 comma 6 Decreto Legislativo n. 165/2001 – e neppure la successiva determinazione dei criteri ad opera della Commissione di valutazione – e, pertanto, nell’aver conferito l’incarico senza la predeterminazione e la conoscibilità di criteri selettivi”.
Secondo la Corte di appello, l’art. 1 comma 94 della L. n. 107/2015 non si presta ad interpretazioni diverse da quella attribuitagli dal ricorrente e dal giudice di primo grado, richiamando tra l’altro i principi di trasparenza e di correttezza dell’operato della pubblica amministrazione.
La vertenza prende le mosse da un ricorso proposto da un aspirante al quale non era stato conferito l’incarico, difeso dagli avvocati Achille Morcavallo e Vincenzo Tiano del foro di Cosenza, Ufficio legale dell’Associazione Nazionale Docenti.
In entrambi i gradi di giudizio il Ministero è stato condannato al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente vittorioso.

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